Barbara Monti

Meditazione, formazione, crescita personale, costellazioni familiari e aziendali

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25 novembre: violenza e mentalità

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E’ di nuovo il 25 novembre, parliamo ancora di violenza sulle donne. Parliamone sempre e tanto, tutti i giorni dell’anno, per non ignorare la sofferenza di migliaia di donne di ogni età e per portare avanti leggi e procedure più rapide e decise, pene più severe, reti di supporto protettive e sicure e molta buona informazione e formazione alle giovani affinché non la debbano più subire.
In questa direzione molti passi anche importanti sono stati fatti nell’ultimo anno come l’importante creazione del codice rosso, che accelera le procedure protettive e investigative in caso di violenza domestica e di genere, accresce (anche se non di moltissimo) le sanzioni in caso di violenza sessuale, maltrattamenti e stalking e riconosce nuovi reati come la diffusione di immagini a contenuto sessuale, la deformazione dell’aspetto e la coercizione al matrimonio (che finora non erano considerati tali). In molti ospedali è in vigore un codice rosa di pronto soccorso medico e psicologico per le vittime di violenza, con operatori sempre più specializzati ad accogliere le donne che necessitano di aiuto; in alcune scuole si educano le ragazze e i ragazzi a relazioni paritarie basate sul rispetto e la libera scelta anziché sull’uso e abuso di potere.

Affinché tutti questi strumenti vengano utilizzati appieno (e affinché un giorno non debbano servire più), quello che deve davvero cambiare è la mentalità, l’immagine che la collettività ha delle donne così anticamente e profondamente radicata che persino le donne hanno di loro stesse, spesso senza nemmeno rendersene conto. L’immagine della donna silenziosa e accondiscendente, sempre altruista e disponibile e pronta a sacrificarsi per i bisogni o desideri altrui. La donna educata da millenni a dire sì senza prima domandarsi se davvero è quello che vuol dire; o a non essere presa sul serio quando dice timidamente no (perché in realtà il suo no non conta e va inteso come un sì), o a essere criticata e giudicata poco donna, un maschiaccio o un’ isterica quando grida no con rabbia inelegante. L’immagine della donna nata per restare in disparte, invisibile, pronta e felice di rinunciare al proprio posto in favore di qualcun altro, a non disturbare e non far sentire la sua voce. La donna silenziosa, che tutti elogiano quando migliora la vita altrui e tutti criticano quando vuole migliorare la propria. La donna strega o tentatrice o pazza quando rivendica la propria autonomia e libertà. La donna che può permettersi di restare entro certi limiti prestabiliti da accordi non scritti ma tramandati da generazioni ma mai varcarli, pena l’esclusione o la derisione o la stigmatizzazione. La donna inconsistente, carta velina, qual piuma al vento.
Questa è l’immagine della donna debole, che abdica il proprio potere mettendolo nelle mani di qualche autorità esterna-spesso un uomo ma non solo- che si è auto eletta tale e/o che lei percepisce come tale, che la deve autorizzare o meno a essere chi è, pensare quello che desidera, fare quello che sceglie. Qualcuno che può darle il permesso o meno (di solito meno) di vivere la propria vita, come ogni adulto dovrebbe essere libero di fare. Come fosse una bambina, o un essere incapace, una persona debole e non in grado di decidere come si è pensato, scritto e codificato per secoli e secoli.
Questa è la mentalità pericolosa che permette la violenza: l’idea che questa creatura possa essere presa a piacimento, ignorandone la volontà come se non avesse importanza, usandola come un utensile inerme e incapace o non in diritto di difendersi, di scarso valore se non per il beneficio che può portare a qualcuno che altro di lei non vede se non l’immagine che torna comodo vedere in funzione di se stesso. Una non persona. Un accessorio temporaneo. Un oggetto di scarso valore da prendere, usare e buttare via.

Queste immagini sono menzogne, non sono mai state vere, e sono la base per una pericolosa realtà che vediamo ripetersi in ogni luogo del mondo, in ogni ceto sociale e culturale verso ragazze e donne di ogni età.

E’ arrivato il momento di guardare e vedere le donne per quello che sono, di riconoscere a livello individuale, familiare, collettivo, lavorativo, religioso e istituzionale l’immagine di potere della donna.
La donna è una persona completa, capace e definita. E’ libera. E’ un essere perfettamente in grado di pensare, decidere, parlare e agire per se stessa con piena responsabilità. Ha le proprie idee, opinioni, esperienze, preferenze e gusti personali, ed è libera di esprimerle e manifestarle. Sa dire sì quando è sì e no quando è no, e va presa molto sul serio. Può fare qualsiasi tipo di lavoro per il quale deve essere retribuita equamente, può essere madre oppure no. Se lo diventa può essere una madre presente e attenta e amorevole mentre resta una donna e una professionista, può a volte essere stanca e scegliere di riposare e chiedere aiuto; può pensare alla propria salute, bellezza, carriera e creatività dedicando il tempo che ritiene utile e necessario. Può occupare posizioni di potere e mantenerle grazie alla propria intelligenza, tenacia, preparazione e sensibilità. Può avere la forma fisica, l’aspetto, l’abbigliamento che desidera e con cui si piace. Può stare di fianco a un uomo come due adulti uguali e paritari, che condividono scelte e responsabilità. Può scegliere se, quando, come, dove e con chi avere relazioni intime e sessuali. Può assumersi completamente il potere e la responsabilità di se stessa, della propria felicità, del proprio sostentamento economico e della propria vita in generale, senza aver bisogno né aspettare, né meritare né elemosinare il permesso di nessuno. E senza credere nemmeno per un istante a chiunque le dica che non è così.